La prima volta che sono entrata in un negozio American Girl è stato più di dieci anni fa. Mi trovavo a NY per lavoro e ho chiesto ad una mia collega della sede americana di suggerirmi un regalo da portare a mostro-di-mezzo: cercavo un gioco tipico, qualcosa di tipico …
“Amercian Girl!” mi ha risposto lei “qui tutte le bambine hanno la loro American Girl!”.
E così ho scoperto che nella grande mela American Girl aveva superato di gran lunga Barbie nella classifica dei giochi da bambina e quando sono entrata in uno dei loro negozi ho capito perchè:
un grande magazzino disposto su quattro livelli in cui puoi trovare la tua American Girl, che ti assomiglia come tratti somatici (colore dei capelli, della pelle e degli occhi, lunghezza dei capelli, etc..) , e che veste come te (accessori e vestiti uguali per bambina e bambola).
E quando dico vestiti intendo anche biancheria intima, costumi da bagno, camice da notte … insomma corredo completo!
La cosa che mi aveva più impressionato è che c’erano bambole di ogni razza e bambole disabili in carrozzina. Manovra di marketing? Probabile.
Ma 10 anni fa mi era sembrato un posto meraviglioso, dove si respirava aria di integrazione, uguaglianza e che mi ha fatto desiderare di tornare bambina!
Quella in copertina è l’American Girl di mostro-di-mezzo: bionda con occhi castani, capelli lunghi e frangetta come li portava allora…
Leggere l’articolo di oggi su Repubblica che menziona American Girl come la bambola che fa impazzire le bambine italiane, mi fa sorridere: in realtà le nostre bambine le hanno conosciute solo da poco, ma in America non c’è bambina che non ne abbia una o che non l’abbia chiesta a Babbo Natale
W American Girl!